Di nuovo alla conquista dello Spazio, e della Terra

Chi dice spazio dice Torino, in particolare per la presenza della scuola di ingegneria aerospaziale e delle telecomunicazioni del Politecnico da sempre all’avanguardia nella ricerca spaziale, con un'attività che abbraccia sia l'upstream, ovvero la progettazione e la costruzione di componenti e infrastrutture, satelliti, vettori e stazioni spaziali, sia il downstream, che si concentra sull'utilizzo dei dati provenienti dai satelliti e lo sviluppo di applicazioni innovative utili quaggiù, sulla nostra cara e vecchia Terra. Un'attività multidisciplinare che coinvolge diversi dipartimenti e centri di ricerca, in collaborazione con numerose aziende leader del settore, come Thales Alenia Space Italia e Argotec, e con agenzie spaziali nazionali e internazionali come ASI, ESA e NASA. A Torino sta nascendo anche la Città dell’Aerospazio, iniziativa promossa dalla Regione Piemonte e da partner pubblici e privati, che ospiterà laboratori coordinati dal Politecnico per ricerca e sviluppo di tecnologie nel campo dei velivoli di prossima generazione. E con un occhio rivolto all’esplorazione dei cieli e l’altro alla Terra, ha preso il via nel 2024 il partenariato esteso Space it up, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) e dal Ministero dell’università e della ricerca (MUR), che riunisce 33 partner ed è presieduto da Erasmo Carrera del Politecnico di Torino.
“Noi facciamo soprattutto, come dice qualcuno, il ferro”, spiega Erasmo Carrera, professore di costruzioni e strutture aerospaziali, sottolineando così la consolidata tradizione italiana nella costruzione di componenti spaziali, dai moduli pressurizzati della Stazione spaziale internazionale al rover pressurizzato per la missione Artemis della NASA. Una tradizione che a Torino si traduce in un ecosistema di competenze che coinvolge il Politecnico e la filiera di aziende del settore, capaci di progettare e realizzare componenti di altissima qualità per l’esplorazione dell’universo, che negli ultimi anni ha ripreso grande slancio.
Lo dimostra anche l’affollato Convegno internazionale di astronautica (12.000 delegati) che si è svolto lo scorso ottobre a Milano proprio sotto la direzione di Carrera, in veste di presidente dell’Associazione italiana di aeronautica e astronautica, e al quale anche il Politecnico ha partecipato come uno degli attori principali portando oltre 320 contributi scientifici e vari stand in cui i le ricercatrici e i ricercatori hanno presentato i loro progetti.
Ecologia dello spazio
Oggi anche nello spazio le parole d’ordine sono “responsabilità” e “sostenibilità”.
Alle grandi potenzialità scientifiche ed economiche dell’esplorazione spaziale si accompagna infatti il peso della nostra “impronta”, sia per quanto riguarda il consumo di energia (ragione per cui le future colonie lunari si alimenteranno a solare e minireattori nucleari), sia per la notevole quantità di detriti spaziali che intasano anche la nostra orbita bassa, rendendo già oggi abbastanza problematico effettuare nuovi lanci, e che ora la comunità internazionale progetta di “ripulire” con sistemi di cattura e rimozione al cui studio è impegnato lo stesso Politecnico.
Non va dimenticato, inoltre, che proprio dalla ricerca spaziale arrivano molte soluzioni utili anche per migliorare la sostenibilità e resilienza del nostro pianeta, grazie ad esempio all’attività di monitoraggio terrestre svolto dai satelliti.
In questo momento decisamente effervescente, il Politecnico di Torino gioca un ruolo di primo piano. Come spiega Carrera, la sfida principale in campo spaziale è certamente il rinnovato interesse per il ritorno sulla Luna, la sua colonizzazione anche al fine di preparare l’esplorazione di Marte. In particolare, l'Ateneo collabora con Thales Alenia Space per la realizzazione del rover pressurizzato per il programma della NASA Artemis, che porterà gli esseri umani di nuovo sulla Luna, ma questa volta per risiedervi e avviare una serie di attività di ricerca e applicazioni che potranno contare sullo sfruttamento dei giacimenti di acqua ghiacciata principalmente nelle zone polari, così come dei minerali che potrebbero rivelarsi utili in situ e un domani anche da recapitare verso Terra. “Bisogna capire che questo tipo di ricerca, certamente costosa e che non porta risultati a brevissimo termine, in realtà ha potenzialità enormi per noi” spiega Carrera. “Così è sempre stato – si pensi allo sviluppo del sistema GPS per la navigazione terrestre – e ancora lo sarà nel momento in cui sperimenteremo forme di agricoltura e di altre attività in un ambiente ostile come quello lunare, e che probabilmente ci consentirebbe di mettere a punto nuove tecniche da riutilizzare sul nostro pianeta”.
Tutto questo sta generando molta ricerca ed esperimenti per dotare la Luna di quello che fino a oggi riguarda solo la Terra, vale a dire satelliti in orbita lunare capaci un domani di abilitare i “pionieri” a orientarsi sulla Luna e a comunicare pienamente con il nostro pianeta. Sempre il programma Artemis prevede anche che in collaborazione con i privati venga messa in orbita una nuova stazione spaziale, “Lunar Gateway”, dove potranno risiedere squadre di astronaute e astronauti, e da cui si potrà fare la spola con il nostro satellite per una progressiva colonizzazione nei prossimi decenni. Essa infatti, al contrario della attuale Stazione spaziale internazionale che orbita a 400 km intorno alla Terra e che la NASA ha in animo di dismettere nel 2031, compirà un’orbita fortemente eccentrica intorno alla Luna, “sfiorando” il Polo Sud lunare a circa 1.500 km di distanza, mentre proseguirà il suo viaggio fino a 70.000 km dal Polo Nord lunare per poi tornare sui suoi passi compiendo un’orbita nell’arco di una settimana, anche per minimizzare i blackout comunicativi con la Terra. La nuova stazione lunare vede la collaborazione di ESA e altre agenzie spaziali come quella giapponese, ma anche il coinvolgimento di importanti aziende private. Molto più piccola della Stazione spaziale internazionale, Lunar Gateway è dotata di due moduli principali, uno per la propulsione e l’altro per l’abitazione. I-Hab, come si chiama il modulo abitativo, pesa dieci tonnellate e ha un volume di dieci metri cubi, e viene prodotto a Torino da Thales. Per la sua progettazione è stato coinvolto anche l’astronauta italiano Luca Parmitano che con il suo avatar virtuale ha testato la sua abitabilità.
Una delle sfide più affascinanti affrontate dal Politecnico di Torino è anche la realizzazione di strutture gonfiabili (inflatable), che permettono di trasportare nello spazio moduli di grandi dimensioni, ripiegati all'interno del razzo vettore e successivamente “gonfiati” in orbita. Queste strutture offrono numerosi vantaggi in termini di abitabilità e spazio a disposizione per gli astronauti, ma richiedono lo sviluppo di materiali innovativi con proprietà specifiche – spiega Carrera – come la capacità di contenere l'ossigeno, resistere ai detriti spaziali e garantire la protezione dagli incendi.
Satelliti per tornare sulla Luna

Sempre di più, nel futuro i satelliti giocheranno un ruolo cruciale anche al di fuori dell’orbita terrestre, ad esempio, come si è già accennato, per la riconquista e colonizzazione della Luna.
Per le future missioni lunari, infatti, l’European Space Agency (ESA) sta sviluppando un sistema di navigazione satellitare integrato col sistema terrestre. In una prima fase, si utilizzeranno i satelliti del sistema Galileo, sfruttando il segnale che si propaga oltre la Terra. Questo è il principio alla base del progetto LuGRE, (LUnar GNSS Receiver Experiment) a cura della NASA e dell'Agenzia spaziale italiana (ASI) e per la parte di lettura e interpretazione dei dati del ricevitore GNSS, il Politecnico di Torino. Lo scorso 3 marzo il payload LuGRE è allunato con successo nel Mare Crisium. Sappiamo anche il punto esatto perché, alle 7:48 il ricevitore ha agganciato due satelliti del sistema americano GPS e due del sistema europeo Galileo acquisendo così il segnale a 410.000 chilometri di distanza dalla Terra e riuscendo a calcolare la propria posizione sulla superficie lunare. Da quel momento LuGRE raccoglie dati fondamentali per il futuro della navigazione spaziale lunare e cis-lunare. Grazie allo straordinario lavoro dei ricercatori dell'Ateneo coordinati da Fabio Dovis, il Politecnico in qualche modo sbarca sulla Luna per dare il via al nuovo sistema di posizionamento che renderà possibile le future missioni sul nostro satellite.
Infatti, se per ora si è dimostrato di poter fare affidamento, seppure in modo parziale, al sistema del GNSS in orbita terrestre, la ricerca ora si spinge a posizionare satelliti in orbita lunare, creando un sistema indipendente da quello terrestre, a causa delle differenze gravitazionali e temporali tra la Luna e la Terra, ma collegato a questo. Una volta realizzato, il nuovo sistema di navigazione permetterà agli esploratori lunari, sia robot che umani, di conoscere la propria posizione in modo autonomo.
La realizzazione di un sistema di navigazione lunare completo richiederà, secondo gli esperti, più di un decennio e si svilupperà in diverse fasi. Si inizierà con l'installazione di un trasmettitore sulla superficie lunare (Lunar Beacon) e si procederà gradualmente con il posizionamento di satelliti in orbita lunare.
Anche l'esplorazione di Marte vede la partecipazione del Politecnico di Torino. Argotec, una società con cui l'Ateneo collabora, sta lavorando allo sviluppo di un sistema di navigazione per Marte, basato su principi diversi da quelli terrestri.
Blue Ghost è atterrato sulla superficie della Luna il 2 marzo 2025 con a bordo il progetto LuGRE. Quel giorno nella pagina della storia dell'esplorazione spaziale c'è anche il nome del Politecnico di Torino
- Alex Minetto -
Alex Minetto, ricercatore
Alex Minetto, ricercatore
Osservare la Terra: una miniera di dati per affrontare le sfide del futuro

“Dai satelliti che orbitano intorno alla Terra noi riceviamo una quantità elevatissima di dati, la sfida è poterli interpretare e utilizzare tutti per conoscere meglio il nostro pianeta e intervenire sulle sue dinamiche”, afferma Piero Boccardo, professore di Geomatica presso il DIST, Politecnico di Torino. La sua attività di ricerca si concentra sull'utilizzo dei dati satellitari per l'osservazione della Terra, un campo in cui il Politecnico, grazie al Centro interdipartimentale aerospazio e alla società ITHACA, gioca un ruolo di primo piano a livello nazionale e internazionale.
ITHACA gestisce il servizio Emergency Management Service per il programma Copernicus dell'Unione europea, che fornisce alle Protezioni civili nazionali e alle organizzazioni internazionali dati satellitari per la gestione delle emergenze, come terremoti, alluvioni e incendi. Un servizio che opera 24 ore su 24, sette giorni su sette, garantendo la tempestiva acquisizione e l'elaborazione di dati essenziali per coordinare gli interventi di soccorso.
Ma l'osservazione della Terra non si limita alle emergenze: il programma ESA Copernicus, infatti, impiega la grande massa di dati che provengono dai sensori dei suoi satelliti Sentinel anche in ambiti quali la il monitoraggio dei terreni (Land), dell’atmosfera, dei mari, dei cambiamenti climatici e delle tematiche attinenti la sicurezza. Queste indagini a volte vengono suggerite dagli stessi utenti che vengono regolarmente consultati nell’ambito di Copernicus. Esse offrono un'enorme potenzialità per applicazioni in diversi settori, si pensi all'agricoltura di precisione, al monitoraggio del consumo di suolo, ma anche alla pianificazione urbana, alle fonti energetiche e alla gestione delle risorse idriche” esemplifica Boccardo. “Un ambito concerne anche la ricerca di materiali critici. L’interpretazione dei dati iperspettrali ci consente per esempio di identificare infatti la presenza di terre rare e altri materiali strategici per la nostra economia”.
Mappe satellitari da @Piero.Boccardo
Mappe satellitari da @Piero.Boccardo
Il Politecnico di Torino è coinvolto in diversi progetti di ricerca che sfruttano queste potenzialità, come ad esempio il già citato progetto Space IT Up, in cui Boccardo coordina lo spoke dedicato all'osservazione della Terra. Tra gli obiettivi del progetto vi è lo sviluppo di algoritmi innovativi per l'estrazione di informazioni tridimensionali dai dati satellitari, utili per la stima dei danni in caso di calamità naturali o per la valutazione del rischio idrogeologico. Anche il progetto PNRR IRIDE, che prevede il lancio di nuovi satelliti per l’osservazione terrestre (da 40 a 60 entro il 2026) dovrebbe costituire un importante avanzamento nelle capacità di monitoraggio terrestre rispetto allo stesso programma Copernicus. IRIDE prevede infatti l'uso di satelliti di piccole dimensioni, come i Cubesat, distribuiti su un'ampia area per raccogliere immagini ad alta risoluzione e altri dati che possono essere utilizzati in vari ambiti, come la prevenzione di disastri naturali, la gestione delle risorse idriche, il monitoraggio delle infrastrutture e lo sviluppo sostenibile.
Progetto Cubesat
I Cubesat sono piccoli satelliti artificiali cubici, sviluppati originariamente per scopi educativi, che seguono un formato standard per semplificare il processo di progettazione e lancio nello spazio. Ogni lato del cubo ha una dimensione di 10 cm, e un singolo Cubesat è indicato come 1U. Tuttavia, possono essere costruiti anche in configurazioni multiple, come 2U, 3U o più, mantenendo sempre l'unità di base di 10 cm per lato. Questi satelliti sono utilizzati principalmente per progetti scientifici e tecnologici grazie al loro costo ridotto e alla facilità di sviluppo e lancio rispetto ai satelliti tradizionali. Un esempio rilevante sono i Cubesat sviluppati dal Politecnico di Torino, che ha partecipato a numerosi progetti di questo tipo. Uno dei più noti è il Cubesat e-st@r, un satellite lanciato nel 2012 con l'obiettivo di testare un sistema di controllo dell'assetto basato su magneti permanenti. L'e-st@r-II, un'evoluzione del primo modello, è stato lanciato nel 2016 con un migliorato sistema di controllo e di comunicazione, e con l'obiettivo di monitorare lo stato di salute del satellite in tempo reale. Questi progetti non solo consentono alla comunità studentesca e al personale di ricerca di acquisire esperienza pratica nello sviluppo e nella gestione di satelliti, ma contribuiscono anche allo sviluppo di nuove tecnologie per l'osservazione della Terra, le telecomunicazioni e altre applicazioni scientifiche spaziali.
La sfida principale, come sottolinea Boccardo, è quella di riuscire a estrarre informazioni utili dalla mole di dati satellitari disponibili: "Abbiamo tantissimi dati (dell’ordine dei Petabyte) che dobbiamo processare per estrarre informazioni ad alto valore aggiunto". Un'attività che richiede lo sviluppo di algoritmi e software sempre più sofisticati, capaci di analizzare e interpretare enormi quantità di dati in tempi rapidi. L'intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, offre nuove opportunità per affrontare questa sfida, permettendo di individuare correlazioni tra dati apparentemente non correlati e di estrarre informazioni nascoste. Un filone di ricerca promettente in questa direzione è di impiegare gli algoritmi di intelligenza artificiale direttamente a bordo dei satelliti. Questa tecnologia permette di processare i dati direttamente a bordo del satellite, riducendo la quantità di informazioni da trasmettere a terra e migliorando i tempi di intervento in situazioni di emergenza, come gli incendi.
Un altro aspetto cruciale è quello di rendere i dati satellitari accessibili a un pubblico più ampio, incluso il mondo del giornalismo e la cittadinanza, per favorire la comprensione di fenomeni complessi come il cambiamento climatico e la gestione del territorio. A questo proposito, Boccardo sottolinea l'importanza dei metadati, ovvero i descrittori del dato stesso, che possono rendere più facilmente accessibili le informazioni al pubblico generale.
Boccardo sottolinea anche l'importanza dell'integrazione tra dati satellitari e informazioni provenienti da altre fonti, come sensori a terra, piattaforme di crowdsourcing e droni, gli stessi cellulari. Un esempio di questa integrazione è rappresentato dal progetto Digital Twin della Città di Torino, che ha permesso di realizzare un modello tridimensionale ad alta risoluzione della città, utile per diverse applicazioni, dalla pianificazione urbana al monitoraggio del traffico.
Ci sono tante applicazioni e opportunità economiche che discendono dallo Spazio, ma anche una dose di genuina curiosità scientifica e amore per l’esplorazione, che probabilmente spiega il peculiare entusiasmo che anima i giovani team di ricerca del Politecnico che abbiamo visto all’opera al Congresso mondiale di astronautica. “In effetti trovo che sarebbe riduttivo riportare l’esplorazione dello Spazio a un mero interesse economico, pur tenendo nel debito conto l’importanza della Space Economy” conclude Erasmo Carrera. “Al cuore della ricerca che facciamo qui al Politecnico resta sempre la nostra sete di conoscenza e di esplorazione, la nostra visione e il nostro bisogno di sognare”.