Quantum Computing: strumenti di calcolo che vengono dal futuro

Si è acceso al Politecnico di Torino il 22 maggio 2025: è il computer “Lagrange”, il primo computer quantistico IQM in Italia, e ancora uno dei pochi al mondo. Rappresenta una risorsa importante per gli studenti, per i ricercatori, per le aziende del territorio che collaborano con l’Università, uno strumento essenziale per imparare a padroneggiare quella che è considerata un’autentica rivoluzione tecnologica in corso nel campo dei calcolatori. Un’onda che è importante cavalcare, perché l’alternativa sarebbe farsi travolgere.
Immaginiamoci un nuovo tipo di computer, capace di essere miliardi di volte più veloce dei più veloci computer attuali. In grado di risolvere problemi di complessità esponenziale, preclusi ai calcolatori tradizionali. Questo computer, in nuce, esiste: ne è da poco stato attivato uno al Politecnico di Torino.
Fortemente voluto – non a caso – dall’Università che ha inaugurato nel 2023 il primo corso di Laurea in Quantum Engineering d’Italia, il Quantum computer IQM, intitolato al matematico Lagrange, ha portato il Politecnico di Torino all’avanguardia in un settore cruciale. Si tratta di un quantum computer a 5 qubit fornito da IQM Quantum Computers, acquisito grazie a una partnership tra Politecnico di Torino, Fondazione LINKS e Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM).
La nuova tecnologia del quantum computing si basa su un nuovo paradigma di calcolo per la risoluzione di problemi complessi in campo ingegneristico e scientifico, che metterà a disposizione macchine in grado di velocizzare il calcolo di miliardi di volte rispetto ai calcolatori HPC (High Performance Computing) di tipo tradizionale.
Questo avrà un profondo impatto su tutti gli aspetti della nostra vita: investendo non soltanto il campo della ricerca scientifica, ma anche il mondo della comunicazione, della finanza, della sicurezza, dell’energia, della medicina, dell’intelligenza artificiale.
Con l’aiuto di Bartolomeo Montrucchio, professore ordinario di Ingegneria informatica presso il dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino, proviamo a dare qualche numero: «Mentre con un sistema HPC attuale ci si può aspettare, utilizzando per esempio 32 computer classici in parallelo, di velocizzare di 32 volte il calcolo, utilizzando 32 computer quantistici collegati in modo opportuno ci si potrà aspettare di velocizzare il calcolo esponenzialmente, ovvero di 232 volte: il che significa avere a disposizione una velocità di calcolo di circa quattro miliardi di volte maggiore. Un salto prestazionale intrinseco, di fronte al quale nessun computer tradizionale può reggere la competizione. Basta pensare che oggi il calcolatore più potente al mondo ha 11 milioni di processori: per avere un computer quantistico della stessa potenza ne basteranno circa 24».
Ecco perché il Politecnico ha deciso di dotarsi di una macchina di questo tipo. Per studiarne e capirne a fondo il funzionamento, le applicazioni, gli sviluppi. Ma qual è il segreto che consente ai computer quantici di ottenere prestazioni così differenti?
Come funziona un computer quantistico: capirlo in quattro passi
Velocissimo grazie ai principi della meccanica quantistica. Alla base del funzionamento di un quantum computer ci sono le proprietà e le leggi della meccanica quantistica, che descrivono il comportamento della materia su scala atomica e subatomica: a queste dimensioni entrano in gioco princìpi diversi da quelli descritti nelle leggi dell’elettromagnetismo e della meccanica classica. Il quantum computer sfrutta queste proprietà, tipiche per esempio di particelle come gli elettroni e i fotoni, a fini di computazione e memorizzazione, ottenendo una velocizzazione della capacità di calcolo che aumenta esponenzialmente all’aumentare della potenza della macchina. La crescita esponenziale, come è noto, porta al raddoppio del valore a ogni passaggio: è il fenomeno per cui se si piega in due e poi ancora in due e poi ancora in due un foglio di carta spesso un decimo di millimetro, raddoppiandone ogni volta lo spessore, dopo 42 piegature si copre la distanza che separa la Terra dalla Luna. Potenza della crescita esponenziale! Lo stesso vale per i quantum computer.
Basato sul qubit, che non è costretto nelle regole dell'informatica binaria. L’unità di misura dell’informatica tradizionale, basata sul sistema binario, è il bit, l’unità minima di informazione, che notoriamente può assumere solo due stati: 0 o 1. Per questo motivo l’informatica classica utilizza un linguaggio binario: come tutti i nerd ben sanno, per un computer tradizionale 2 si scrive 10, 3 si scrive 11, 4 si scrive 100 e così via.
I computer quantistici usano invece unità chiamate quantum bit, per gli amici qubit, che non sono vincolati al sistema binario, ma sfruttano per eseguire i calcoli anche alcune proprietà tipiche delle particelle subatomiche descritte dalla meccanica quantistica. In particolare due proprietà sono importanti nel funzionamento dei quantum computer: la sovrapposizione, ovvero la capacità del qubit di assumere due stati contemporaneamente e l’entanglement, ovvero la connessione invisibile tra particelle subatomiche.
Con componenti capaci di assumere due o più stati contemporaneamente. Diversamente dal bit, il qubit non è costretto a scegliere tra due stati. Così come in virtù della sovrapposizione una particella subatomica può assumere contemporaneamente due stati (l’esempio classico è quello dell’elettrone che prima della misurazione può avere lo spin in stato “up” o “down” contemporaneamente), allo stesso modo anche il qubit può assumere contemporaneamente lo stato 0, lo stato 1 e tutti i possibili stati intermedi. Un’immagine che può aiutare a capire questo concetto poco intuitivo è quello di una moneta lanciata per aria: fino a quando non cade a terra e la guardi, una moneta che rotea su se stessa dopo essere stata lanciata in aria non è né testa né croce, ma entrambe. Questa proprietà consente a un computer quantistico di eseguire molte operazioni simultaneamente, moltiplicando esponenzialmente la capacità di calcolo rispetto a un computer tradizionale.
Con l'opportunità di sfruttare connessioni invisibili. Un altro principio fondamentale alla base del quantum computing è l’entanglement. In un sistema quantistico, due particelle subatomiche possono essere poste in stato di entanglement, ovvero legate tra di loro in modo che lo stato di una dipende da quello dell’altra, anche se si trovano a chilometri o anni luce di distanza. Cambiando lo stato di una, anche l’altra si modifica istantaneamente. Lo stesso avviene per i qubit. Questo legame consente di costruire algoritmi quantistici molto più efficienti di quelli classici, perché grazie all’entanglement i qubit non lavorano in modo indipendente, ma in correlazione tra loro: correlazioni che in un computer di tipo tradizionale richiederebbero una quantità enorme di memoria.
Quantum entanglement (crediti: Brilliant.org)
Quantum entanglement (crediti: Brilliant.org)
Il viaggio di un algoritmo in un computer quantistico IQM
L'utente ha un problema computazionale da risolvere e un'idea per un algoritmo quantistico, che esprime come codice Python (1). Il codice rappresenta un circuito quantistico costituito da porte logiche, che viene adattato e convertito in una versione equivalente usando solo le porte logiche supportate da IQM (2).
Il circuito viene inviato tramite richiesta HTTP al server IQM (3). Il server compila il circuito in descrizioni di impulsi elettrici specifici per l'hardware, che vengono poi inviati per l'esecuzione (4).
Gli impulsi vengono inviati per l'esecuzione ai dispositivi di controllo (5), mentre la IQM Station Control comunica con i dispositivi elettronici (6). I dispositivi eseguono sequenze di impulsi con precisione nanosecondo, inviando segnali al chip quantistico (7).
Un dispositivo di misurazione "legge" i risultati dal chip quantistico (8)
I risultati vengono inviati all'utente come sequenze di 1 e 0 tramite risposta HTTP (9). Il codice Python sul computer dell'utente legge, analizza e visualizza i risultati finali (10).
Gli aspetti in evoluzione

Le enormi potenzialità del quantum computing non sono oggi ancora completamente esplicate: si tratta di una tecnologia non ancora matura, ma in rapida evoluzione.
Come spiega Matteo Cocuzza, professore ordinario di Fisica sperimentale della materia al dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia e referente del nuovo corso di laurea in Quantum Engineering, un primo aspetto critico è l’instabilità dei risultati: «Un computer quantistico non ha un risultato deterministico, ma probabilistico. Mentre un computer classico di fronte agli stessi dati darà sempre lo stesso risultato, un computer quantistico non dà un risultato preciso, esatto, deterministico, ma uno spettro di risultati probabilistici… esegue lo stesso calcolo migliaia di volte e dà ogni volta un risultato leggermente diverso. Alla fine ci troviamo di fronte a una distribuzione di risultati, in cui il picco è quello esatto. I qubit non sono precisi al 100% perché per esserlo dovrebbero operare in un contesto ideale in cui sono perfettamente isolati da tutto: sbalzi di temperatura, disturbi elettromagnetici, microonde, vibrazioni meccaniche… Più sono immuni dai disturbi ambientali esterni, più sono precisi. Isolarli perfettamente oggi è impossibile, anche se li facciamo lavorare in condizioni prossime all’isolamento perfetto: la Quantum Processor Unit (QPU) del calcolatore di Torino, cuore del calcolatore, lavora a una temperatura bassissima, 18 millikelvin, ovvero -273,13 gradi °C, una temperatura prossima allo zero assoluto, ottenuta grazie a un sistema criostatico che prevede circuiti ad elio e azoto liquido».
Dettaglio del computer quantistico IQM installato al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Dettaglio del computer quantistico IQM installato al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Un altro problema su cui si lavora è quello della scalabilità: attualmente la instabilità dei computer quantistici aumenta all’aumentare dei qubit e della quantità di dati da analizzare. Spiega ancora Cocuzza: «I computer più piccoli sono molto più stabili. Un computer a cinque qubit, come quello di Torino, è meno potente, ma più stabile di macchine con un numero di qubit maggiore. E questo può presentare dei vantaggi, soprattutto dal punto di vista didattico». Tuttavia, per affrontare problemi complessi, occorre ottenere computer più potenti, ma riuscire anche a renderli sufficientemente stabili.
Ancora, la computazione quantistica è oggi vincolata a forti limiti di tempo: la tecnologia attualmente oggi è in grado di produrre qubit che si attivano per un periodo di tempo estremamente limitato e questo rappresenta sicuramente un limite. Tuttavia, questo periodo è in aumento: dai nanosecondi si è passati ai microsecondi, un aumento di migliaia di volte. E si sta lavorando su sistemi sempre più performanti.
I calcoli per cui è utile

Un punto deve essere chiaro: non si tratta di sostituire completamente i calcolatori tradizionali con calcolatori quantici, ma di integrare i due sistemi. Una parte degli studi, oggi, è proprio volta a capire a quali applicazioni ciascun sistema è più adatto e a trasformare i dati per farli passare da un sistema all’altro.
L’informatica quantistica è adatta a essere applicata a problemi molto complessi, in particolare problemi di ottimizzazione.
Spiega ancora Matteo Cocuzza: «Non avrebbe senso utilizzare un quantum computer per problemi semplici: sarebbe come usare una Ferrari per arare un campo. Esistono problemi – e di conseguenza algoritmi necessari per risolvere questi problemi – relativamente semplici, la cui complessità aumenta linearmente con il numero di variabili; per esempio se voglio ordinare la popolazione di Torino in ordine alfabetico se la popolazione raddoppia, il problema raddoppia (nel migliore dei casi) di complessità. Ma esistono anche problemi la cui complessità aumenta esponenzialmente, perché i fattori variabili in gioco si moltiplicano tra di loro: un computer tradizionale, per quanto potente, non è in grado di risolvere questo tipo di problemi. Un computer quantico, una volta che ha il numero di qubit sufficiente, sì».
Ci aiutano con un esempio concreto Montrucchio e Giovanna Turvani, docente al Dipartimento di Elettronica e telecomunicazioni del Politecnico: «Con un esempio pratico, ipotizziamo di voler migliorare il traffico di una città come Torino ottimizzando il funzionamento dei semafori attraverso sensori del traffico che regolano la durata del rosso e del verde. Per quanto i semafori di Torino siano solo alcune centinaia, si tratta di un problema di complessità esponenziale, volendo ottimizzare il traffico di tutta la città, dobbiamo tenere conto, per regolare ogni singolo semaforo, anche di tutti gli altri. Se i semafori sono, poniamo, 400, il problema quindi si complica esponenzialmente: non aumenta di 400 volte, ma di 2400 volte. Un computer tradizionale non può farcela, un computer quantistico sì. Un altro esempio classico di problema di ottimizzazione adatto a essere risolto con i calcolatori quantistici è quello cosiddetto del commesso viaggiatore: ottimizzare il percorso di visita ai clienti, tenendo conto di tutte le variabili in gioco (disponibilità ed esperienza del commesso, distanza, posizione, esigenze del singolo cliente…). Anche in questo caso la complessità del problema è esponenziale».
Turvani spiega ancora come applicare la tecnologia quantistica allo studio delle possibilità relative alla gestione di una pandemia: «Sfruttare il vantaggio quantistico significa ripensare completamente un problema rispetto a come lo si affronterebbe nel mondo computazionale classico: per la gestione della pandemia si tratta di identificare tutte le variabili del problema, come il numero di persone contagiate, le conseguenze economiche della chiusura delle attività, il tempo medio di guarigione… bisogna formulare il problema in termini matematici tenendo conto di tutte le variabili e rendendole processabili con un ottimizzatore quantistico; il risultato sarà una visione ottimizzata, in questo caso, del numero di aree che vanno isolate per evitare che l’infezione si propaghi. Un’altra applicazione legata alla sanità che stiamo studiando è dedicata all’ottimizzazione della programmazione di visite e terapie in un ospedale, tenendo conto di molte variabili come la strumentazione a disposizione, il numero e le necessità dei pazienti, i loro vincoli orari, la disponibilità di personale… anche in questo caso tutte le variabili verranno processate attraverso il computer quantistico, che darà un’ottimizzazione del calendario delle visite».
Alcuni esempi concreti su cui si lavora con le aziende
Abbiamo chiesto a Olivier Terzo, responsabile del Dominio di ricerca Advance Computing, Photonics and Electromagnetics Research della Fondazione Links, di darci alcuni esempi di problemi concreti su cui si stanno applicando i computer quantistici, anche in collaborazione con aziende che, con Links e l’Università, esplorano il campo per trovare nuove soluzioni.
Le applicazioni in studio sono già molte: «Si va dalla generazione di numeri casuali, essenziale per esempio nel campo della cybersecurity e della finanza, alle necessità delle industrie di telecomunicazioni, interessate a capire se la tecnologia quantistica può essere più veloce e precisa nel risolvere problemi di ottimizzazione per il posizionamento di celle 5G o 6G o per l’assegnazione di frequenze. Questo è un terreno in cui si esce dal campo dello studio puramente accademico, per attuare forme di ricerca applicata. Un altro settore è la quantum finance: le banche stanno investendo molto per capire se la tecnologia quantistica può dare un vantaggio competitivo per esempio nella velocità di analisi; nel nostro caso le applicazioni sono legate alla determinazione del rischio di credito, un campo in cui ci sono sempre più dati da analizzare e sempre più complessi; le banche vogliono capire le potenzialità della informatica quantistica in questo campo, ottenendo dei risultati su casi precisi».
Perché è necessario occuparsene

Il settore del Quantum Computing è oggi in forte espansione. La Commissione Europea ha avviato un programma di investimenti in ricerca e sviluppo su questo fronte sia nell’ambito del programma Horizon Europe, sia attraverso un’iniziativa dedicata, la Quantum Technologies Flagship, con l’obiettivo di posizionare l’Europa all’avanguardia in questo campo. Molte realtà industriali e di ricerca, tra ATOS, Pasqal, IQM, AQT, Fraunhofer, QuTech, Quandela sono già attive con diverse soluzioni hardware e software. Grandi aziende come Airbus e BMW stanno già investendo in modo massiccio in questo campo. È quindi estremamente probabile che nel giro di pochi anni si abbia un forte incremento di richiesta di potenza computazionale di tipo quantistico e di personale in grado di lavorare in questo ambito tecnologico a livello di ricerca e aziendale.
Investimenti privati annuali nell'intelligenza artificiale, per area di interesse, Calcolo quantistico. Include aziende che hanno ricevuto più di 1,5 milioni di dollari di investimenti. Questi dati sono espressi in dollari americani, corretti per l'inflazione. (Dati: ourworldindata.org)
Come afferma ancora Olivier Terzo: «Sarebbe un grave errore aspettare che la tecnologia sia matura per incominciare a utilizzarla: bisogna imparare a utilizzarla prima, in modo da essere preparati per quando sarà veramente pronta. Pensiamo a quello che è successo con l’intelligenza artificiale: fino a un paio di anni fa era in grande incertezza, ci si chiedeva quando avrebbe funzionato. Ma negli ultimi due anni c’è stata una marcata accelerazione, che nessuno si aspettava. Improvvisamente è esplosa. Anche la Quantum Technology potrebbe avere un’accelerazione inaspettata. Bisogna essere pronti».
Spiega ancora Bartolomeo Montrucchio: «Il problema, oggi, non è quello che il computer quantistico è capace di fare in atto, ma quello che è capace di fare in potenza: noi, in particolare come università, non dobbiamo limitarci a vedere quello che il computer è capace di fare oggi, che è obiettivamente ancora poco, per i limiti della tecnologia attuale, ma quello che potrà essere capace di fare domani. Bisogna coglierne le potenzialità strepitose».
Aggiunge Flavio Giobergia, ingegnere informatico, ricercatore nel dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico: «Questi computer si interrogano in modo diverso rispetto a quelli tradizionali, richiedono di scrivere righe di codice completamente diverse, danno un risultato diverso da interpretare. Si tratta di affrontare un cambiamento di paradigma, di imparare a riformulare i problemi in maniera nuova e diversa: solo in questo modo si potrà utilizzare in modo efficace la tecnologia quando sarà pronta». Ed è fondamentale impararlo per tempo.
Iniziative del Politecnico di Torino

Il nuovo computer quantistico IQM Spark è l'ultimo fiore all'occhiello di una strategia a 360° in ambito quantistico che il Politecnico di Torino ha messo a punto assieme ai partner locali che operano in questo ambito. Una strategia che parte da lontano dal momento che Politecnico, Inrim e l’Università di Torino sono i co-fondatori e co-gestori della facility tecnologica PiQuET (Piemonte Quantum Enabling Technologies), finanziata dalla Regione Piemonte attraverso il bando POR FESR 2014-2020 - INFRA-P e recentemente potenziata attraverso l'analogo bando regionale INFRA+. PiQuET è a oggi pienamente operativa e si propone come centro regionale di riferimento per la ricerca e il supporto all’innovazione industriale per mezzo delle micro e nano-tecnologie e delle tecnologie quantistiche.
Tra le iniziative dedicate al Quantum Computing, al Politecnico di Torino è attivo l’unico corso di Laurea in Quantum Engineering a oggi disponibile in Italia. È importante per studenti e docenti avere a disposizione una macchina fisica: consente di capirne meglio il funzionamento, permettendo di fare formazione sia sull’hardware sia sul software; anche la possibilità di utilizzarla quando si vuole è importante. Come ricorda ancora Matteo Cocuzza, il quantum computing è solo un terzo del contenuto formativo del corso di laurea, quello più noto, ma il corso include anche la comunicazione quantistica e la sensoristica quantistica, di cui si sente parlare molto meno, ma altrettanto importanti, in cui sono utilizzate un numero significativo delle stesse proprietà utilizzate nel computer quantistico. I nuovi, incredibili sensori quantistici sono potenzialmente in grado di rendere possibile, per esempio, una risonanza magnetica capace di vedere le singole cellule.
Infine, c’è il trasferimento tecnologico: Politecnico e Fondazione Links hanno costruito progressivamente un network di collaborazione a livello Italiano, europeo e internazionale; l'Ateneo infatti ha in corso una serie di collaborazioni nel campo del quantum computing con diverse aziende ed enti del territorio, ponendosi come nodo di una rete destinata a sviluppi estremamente promettenti.
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Installazione del computer IQM al Politecnico di Torino. Crediti: Fondazione LINKS
Noi al Politecnico crediamo molto nelle potenzialità di questa nuova tecnologia ed è per questa ragione che due anni fa abbiamo lanciato il corso di laurea magistrale in Quantum engineering, il primo in assoluto in Italia in questo campo.
- Matteo Cocuzza -
Matteo Cocuzza, professore di fisica della materia
Matteo Cocuzza, professore di fisica della materia